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LETTURE DELLE CRISI / Cari economisti, imparate da Darwin

di Niall Ferguson*

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3 Dicembre 2009
Ritratti di economisti, manager e banchieri dI José-Maria Cano sul Wall Street Journal esposti a Londra (Afp)

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Teniamo presente questo: la tesi a sostegno delle misure migliori per evitare il fallimento in massa delle banche è opera di Friedman, non di Keynes. È stato Friedman a sostenere che la causa principale della gravità della Depressione era che la Fed non era riuscita a evitare l'effetto a catena dei fallimenti bancari. È stato sempre Friedman, più che Keynes, a ispirare negli ultimi due anni Bernanke. Né Friedman si sarebbe minimamente preoccupato per l'inflazione in un'epoca come questa. Il bilancio della Fed può essersi espanso rapidamente, ma più ampie iniziative monetarie crescono lentamente e il credito si sta contraendo. È la deflazione, e non l'inflazione, il timore maggiore dal punto di vista monetario. Da una prospettiva di libero mercato, la cosa fondamentale è che le legittime misure d'emergenza non diventino prassi istituite. E questo perché per le istituzioni fondamentali del sistema finanziario occidentale non può credibilmente esistere un modo sano di fare affari se non essendo efficacemente garantite dal, se non addirittura di proprietà del, governo. L'intellettuale che con miglior chiarezza ha saputo discernere i problemi associati con quel tipo d'intervento statale è stato Joseph Schumpeter (1883-1950) la cui definizione di "distruzione creativa" è stata una delle frasi di quest'anno più citate in assoluto.
«Questo impulso evolutivo che mette in moto e mantiene in moto il motore del capitalismo – ha scritto Schumpeter in Capitalismo, socialismo e democrazia – nasce dalle nuove forme di organizzazione industriale che l'impresa capitalista crea... Questo processo di distruzione creativa è il fatto essenziale del capitalismo». L'odierna crisi ha sicuramente dato libero corso a una distruzione economica nel mondo (anche se la sua creatività in questa fase è ben difficile da individuare). Nel mondo delle grandi banche, però, c'è stata ben poca distruzione, e riguardante più che altro l'unica cosa creativa che sta accadendo a Wall Street di questi giorni, la contabilità.
Nella sua opera precedente, La teoria dello sviluppo economico, Schumpeter aveva scritto: «Questo sistema economico non può fare a meno di un'ultima ratio, della distruzione completa di quelle esistenze che sono irrimediabilmente associate a un'inadeguatezza senza speranza». In effetti, aveva visto che l'economia restava gravata di troppe "aziende inadatte a vivere". Questa potrebbe sicuramente fungere da descrizione meticolosamente accurata dell'odierno sistema finanziario occidentale.
Eppure, tutte quelle allusioni all'evoluzione e all'idoneità a vivere dovrebbero servire per ricordare l'illustre intellettuale che noi tutti avremmo dovuto celebrare per tutto il 2009: Charles Darwin (1809-1882). Questo non era soltanto il suo bicentenario, ma anche il 150° anniversario del suo rivoluzionario testo L'origine delle specie. Basti pensare a queste frasi del dotto lavoro di Darwin: «Tutti gli esseri viventi sono esposti a una forte competizione», «Quanto più nascono individui in grado di sopravvivere, tanto più deve esserci una lotta per l'esistenza», «Ogni essere vivente deve lottare per la propria vita e sopportare una grave distruzione. I più forti, i più sani e i più felici sopravvivono e si moltiplicano».
Grazie in non piccola misura agli sforzi dei suoi eredi moderni, per la precisione Richard Dawkins, oggi siamo tutti darwinisti - tranne coloro che vivono negli strani mondi paralleli del fondamentalismo cristiano e della finanza garantita dallo stato. Né Cassandra né Pangloss, dunque: Darwin di sicuro merita di essere messo in cima a tutte le classifiche dei migliori intellettuali moderni. Vivi o morti che siano.

* Insegnante di storia moderna all'Università di Harvard
(Traduzione di Anna Bissanti) © FOREIGN POLICY

3 Dicembre 2009
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